inediti · spectacle vivant

Impronte dell’anima – Teatro la Ribalta / Theatraki

Arte della Diversità è una di quelle rassegne di cui, alla nascita, non si immagina il potenziale. Una di quelle iniziative che potrebbero non esistere, ma che una volta radicate nel territorio non posso smettere di attirare consensi. Arte della Diversità prende vita nel 2010 a Bolzano come vetrina e contenitore di tutto quel teatro che, in Italia e all’estero, si interroga sul tema della diversità. Un tema già frequentato individualmente da diverse entità artistiche, ma che mancava di una presa di coscienza più ampia e di un coordinamento che gli permettesse di avere una propria forte identità internazionale: ecco allora il progetto di riunire un preciso ventaglio di esperienze artistiche, voluto da quell’Assessorato alla Cultura e alla Convivenza che è figlio della particolare situazione sudtirolese. Forte dell’esperienza di identità diverse a livello locale, l’ambizione (raggiunta) è di creare un centro di interesse su ogni tipo di diversità: linguistica, genetica, politica, culturale, religiosa, di orientamento sessuale. Realtà alternative alla “maggioranza” che, indagate artisticamente, entrano prepotentemente nell’orizzonte di pensiero e di vita. Non un qualunquistico “volemose bene”, non un teatro dedicato esclusivamente ai diversi, ma punti di possibile attrito messi sotto il microscopio del palcoscenico e spogliati della carica di odio dettata dell’ignoranza. I nomi coinvolti nel corso degli anni in questa rassegna sono molti e di eccellente qualità, uno per tutti il neo premio Ubu come migliore attore Mario Perrotta.

Ma Arte della Diversità non si limita a convogliare da tutta Italia (e talvolta da tutta Europa) progetti artistici già precedentemente realizzati, anzi si impegna a produrre essa stessa delle opere teatrali “locali”. Direttore artistico e genesi di tutto questo è Antonio Viganò,  direttore artistico pure del Teatro la Ribalta. E proprio al Teatro la Ribalta ha luogo, in collaborazione con l’Associazione Onlus Lebenshilfe e con Theatraki-Il Teatro delle Scuole, un laboratorio che si interroga su come l’arte racconta la diversità, e come la diversità fa arte. Da questo laboratorio nasce ogni anno uno spettacolo che viene presentato in anteprima alla rassegna per poi partire per piccole spedizioni dentro e fuori Provincia.

Impronte dell’anima è il prodotto del laboratorio 2012-2013, un lavoro denso che ruota attorno a un tema terribile e poco frequentato: l’eliminazione nella Germania nazista di trecentomila disabili, malati mentali, asociali, schizofrenici, epilettici, sordi e muti, per purificare la razza ariana che prevedeva solo esseri umani sani, forti e belli.  Fu con loro che iniziò la sperimentazione delle tragicamente note camere a gas mascherate da docce, con un programma di eutanasia obbligatoria (terribile ossimoro) promosso da medici e politici proprio all’interno di quelle strutture di sostegno che i malati avrebbero dovuto aiutarli.

Tutto lo spettacolo oscilla tra i due estremi della storia e del presente: una lezione crudele detta con le parole di oggi, fatta con i corpi e l’energia di oggi, di giovanissimi attori con importanti disabilità cliniche che impersonano esseri umani come “loro”, uccisi da persone come “noi”. La vicinanza tra narrazione e realtà contemporanea è vieppiù sottolineata dalla vicinanza fisica, dall’invasione vorrei dire, che il corpo scenico degli attori impone alla visione dello spettatore. Il palco è una striscia di pavimento lasciato libero tra due ali di scalinate, una terra di nessuno di due metri e mezzo che abolisce ogni pudore. I cinque attori disabili sono affiancati da una narratrice e dalle figure dell’infermiera Pauline Kneissler e del medico Valentin Faltlhauser, autori della “morte per pietà” di circa 2500 persone della clinica psichiatrica di Kaufbeuren.

L’equilibrio scenico è fragilissimo e frequentemente interrotto da riflessioni riguardo la pressante attualità del tema del diverso, facilmente evitabili e talvolta intrise di una retorica che stona un poco con la lucida follia della storia. Paradossalmente, ma forse no, l’impressione è che gli attori “normali” in alcuni momenti soffrano un po’ il recitare come meccanismo, quella machine théâtrale di cui de Vigny diceva: «arrivata la serata si tira un molla e la macchina si muove da sola per circa quattro ore». Complici la difficoltà di contrastare l’accento tedesco e la volontà di “far filare tutto liscio”, alcuni punti dello spettacolo arrancano faticosamente scoprendo gli ingranaggi, ed è un vero peccato vista l’efficacia di molte trovate sceniche, prima fra tutte il bellissimo utilizzo degli specchi grazie ai quali (ci) riflettiamo: chi è il vero mostro?

Ce ne usciamo con un’impressione che può apparire sgradevole: che quei ragazzi disabili, con la loro presenza fisica sconcertate, reale, con la forza dei soprusi recitati, ma che noi sappiamo storicamente esistiti, abbiano vissuto lo spettacolo in maniera molto più intensa degli attori “normali”. Per quanto riguarda noi, arrampicati su gradinate di legno a venti centimetri di distanza dalla storia, ci ha ferito lo stivale a premere il capo, la foto bruciata, le impronte dei piedi maniacalmente lavate via, quasi a negare l’esistenza di chi quelle impronte le ha lasciate. Infine, il teatro ha fatto la magia, il senso di nausea non inganna: la testa sotto la suola è anche la nostra.

Visto a Teatro Portland, Trento, il 20 dicembre 2013

Testo di Giovanni De Martis e Antonio Viganò
Scene e regia di Antonio Viganò
Con : Manuela Falser – Melanie Goldner – Paola Guerra – Graziano Hueller – Agnes Hinterwaldner – Gisela Oberegger – Alexandra Hofer – Mattia Peretto
Con il contributo della Regione Trentino Alto Adige

Lascia un commento